1 Ottobre 2004
L’opera, bene collettivo?
La crisi in cui
versano i teatri lirici in Italia, lungi dall’essere solo economica, si sta
rivelando crisi di identità, e di funzione:
Non si tratta
dunque di questo governo, ma di una generale sfiducia istituzionale verso il
teatro lirico come fatto di tradizione e di cultura. E di questo occorre
prendere atto. Quali le risposte allora?
Non bisogna dare
per scontata la sopravvivenza dei teatri, appellandosi a valori non più
socialmente condivisi allo stato attuale delle cose, ma rilanciare, se ci si
crede, l’insostituibile funzione della musica e del teatro come strumento di
formazione umana e spirituale. Accettare dunque il ridimensionamento e
controbilanciarlo, quasi ripartendo da zero, con la nuda forza delle idee, dei
progetti, delle invenzioni, delle convinzioni; una su tutte: che il teatro sia
un luogo nel quale tutti possono trovare la propria ragione di essere. E ciò
non può avvenire che credendo fermamente, senza compromessi o cadute, nel
valore alto della cultura e dell’arte. È di questo valore che dovremmo
riscoprire e divulgare coraggiosamente il significato. I teatri assomigliano
oggi a catacombe nelle quali poche schiere di eletti continuano a officiare un
rito antico. Sta a loro, alla loro determinazione, far sì che ci siano nuovi
catecumeni, avviando in povertà di mezzi ma non di ideali un’opera di
proselitismo.