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1 Maggio 1996

Ritratto dell’artista da giovane

 

Il bilancio discografico a un anno dalla scomparsa di Arturo Benedetti Michelangeli non presenta novità sensazionali. Se si eccettuano le registrazioni dei concerti in Vaticano pubblicate dalla Memoria ABM e la novità parziale di cui parleremo tra poco, il resto non offre altro che ripubblicazioni di incisioni ufficiali ormai storiche o di concerti dal vivo anch’essi ormai da tempo noti. In Giappone e in America circolano le registrazioni “pirata” degli ultimi concerti a Monaco con Celibidache, testimonianze artistiche di primissimo piano ma appunto non legittime, e dunque destinate per ora a una ristretta cerchia di amatori. E poco d’altro rimane da scoprire attraverso i canali privati. D’altronde, anche in questi casi si tratta per lo più di pezzi già presenti nel repertorio e nella discografia michelangeliani, destinati soprattutto ai maniaci dei confronti e delle speculazioni, ossia agli adepti di un culto per altro giustificato.

I due cofanetti che la Fonit Cetra dedica alle ripubblicazioni in compact disc delle mitiche registrazioni di Michelangeli per la Rai (da solo e con le orchestre dell’ente: Debussy e Chopin, quattro Mozart con Giulini, Beethoven e Haydn, Schumann con Gavazzeni e Liszt con Kubelik) ci restituiscono con fedeltà assoluta documenti d’inestimabile valore. Vi sono rappresentati tutti gli autori prediletti da Michelangeli, con opere di cui Michelangeli ha dato versioni semplicemente ineguagliabili: riascoltarle nella nitidezza delle matrici originali, dopo tante edizioni di fortuna e riciclate, consente di concentrarsi interamente sulla qualità musicale delle interpretazioni, e quasi di delibarne il fascino fino alla più piccola sfumatura, al dettaglio infinitesimale.

Ne esce rafforzata un’impressione: la cura ossessiva che Michelangeli poneva nella resa del particolare, del minimo passaggio, ora scolpendolo con fredda essenzialità ora impreziosendolo con effusive sottolineature, mirava a fissare nell’attimo fuggente il mistero della ricreazione ideale, per liberarla in una sorta di delirio del sentimento trattenuto. In nessuno come in Michelangeli la perfezione raggiunta è anche emblema della volontà di superarsi, che diviene rappresentazione estetica dell’irraggiungibile.

Ciò era Michelangeli fin dall’inizio della sua carriera. Il disco bellissimo della Teldec con le sue prime registrazioni effettuate a Milano durante la guerra (il Bach sublime del Concerto italiano, Scarlatti, Chopin, Tomeoni, Grieg, e poi ancora i Concerti di Schumann e Grieg con l’Orchestra della Scala diretta da La Rosa Parodi e Galliera) è non solo un ritratto dell’artista da giovane ma anche un segnale di questa volontà interiore che sogna conciliazioni supreme, orizzonti pacificati e sereni, e così facendo si immette nel circolo eterno delle mutazioni, nella linea di fuga del sempre nuovo, non trovando pace né serenità. La grandezza di Michelangeli sta nell’aver caricato l’atto interpretativo di un peso simbolico che non solo non può venire mai appagato dal già raggiunto (e non si può dire da quale altezza già partisse il Michelangeli giovane) ma che anzi irride le certezze nel momento stesso in cui raggiunge la cima e fissa i confini. Vertice e abisso coincidono in Michelangeli nella tensione verso qualcosa che continuamente si trasforma ed è invece sostanza: e se ogni cosa che passa è solo una figura, con lui, goethianamente, l’inattingibile diviene evidenza e l’indicibile si adempie.

 

AA.VV.; pf Benedetti Michelangeli. Fonit Cetra, ARCD 01-02 (6 cd); The Young Arturo Benedetti Michelangeli, The Beginning of a Legend. Teldec (2 cd).