1 Novembre 1994
Un Maestro dell’equilibrio
Se non li
avessimo devotamente ascoltati più volte a teatro, dal vivo, tali e quali,
questi Maestri cantori di Norimberga incisi da
Wolfgang Sawallisch con i complessi, coro e orchestra dell’Opera di Stato
Bavarese potrebbero sembrare incredibili, anzi un vero e proprio miracolo. Possiamo
invece testimoniare che si trattava, nell’era Sawallisch a Monaco, di pura
normalità. Due volte all’anno, per quasi vent’anni, Sawallisch ha officiato il
rito dei Maestri cantori nel suo teatro con affetto,
sapere e competenza assoluti. Le rappresentazioni si ripetevano immancabilmente
all’inizio dell’anno e alla fine della stagione, simbolicamente: e ogni volta
era come ritrovare un amico caro, riassaporare un’emozione indicibilmente
profonda. Cambiavano col tempo le compagnie di canto, ma non il risultato: la
presenza di Sawallisch a capo di un’orchestra e di un coro con cui si era
stabilita una familiarità completa era la garanzia di una continuità attestata
sui livelli più alti della perfezione tecnica e della proprietà stilistica. Ma
anche questo vertice era poi soltanto la base di un’avventura interpretativa
che ogni volta sembrava ripartire da capo, nota dopo nota riscoprendo un
dettaglio inedito, mettendo in rilievo un accento diverso all’interno del
grande arco sapientemente definito e luminosamente fissato. Più volte nel corso
di quelle esecuzioni, di cui credevamo di conoscere ogni minimo risvolto, di
cui attendevamo con trepidazione i momenti culminanti (ma con Sawallisch ogni
battuta lo era) ci siamo sorpresi a trasalire di meraviglia, a desiderare che
la musica si fermasse per sempre nell’estasi. Più volte, lo confessiamo, il
ciglio si inumidì di lacrime di commozione, felicità e gratitudine.
Si poteva temere
che la registrazione realizzata in studio quando ormai la lunga consuetudine in
teatro si era esaurita (nell’aprile 1993, data della registrazione, Sawallisch
aveva già lasciato l’Opera di Monaco) non riuscisse a rendere appieno la
vivacità e il calore di quelle indimenticabili esecuzioni dal vivo. Si sarebbe
trattato di un documento per così dire postumo? La pubblicazione dell’incisione
(fra l’altro in una resa tecnica dei piani sonori eccellente per nitidezza e
profondità: capolavoro del producer Wilhelm Meister, in tono anche nel cognome)
non soltanto smentisce finalmente questo timore ma va anche oltre le più rosee
previsioni sulla capacità del disco di esprimere, di una partitura immensa come
questa, tutti i valori di immediatezza musicale, accanto all’evidente qualità
della massima precisione e pulizia. D’altronde, per chi ha i Maestri cantori nel sangue, questo risultato è tanto
possibile quanto naturale: anche il sommo Hans Knappertsbusch, di cui
Sawallisch è oggi in questo repertorio l’unico legittimo erede, ci ha dato i
suoi più alti Maestri cantori in una incisione in
studio, dopo molte splendide prove in teatro.
Sawallisch
appartiene alla stirpe rara, severa e solenne dei Furtwängler, dei Krauss, dei
Knappertsbusch appunto, per citare solo i massimi esponenti della scuola
storica dell’interpretazione wagneriana. I suoi Maestri
cantori hanno però anche altri pregi: quelli della leggerezza,
dell’ariosità, della preziosità timbrica, in una parola dell’equilibrio. Né
troppo tragici alla maniera antica né decadentistici a quella moderna, né
unilateralmente seriosi né sfacciatamente comici, bensì intimi, pieni, solidi;
quantunque spesso giocati, nelle pieghe del grande arco, su chiaroscuri e
mezzetinte straordinariamente penetranti. Non v’è traccia di enfasi e di
retorica nella celebrazione del testo sacro della grande arte tedesca, semmai
appena un’ombra di ironia e di sorridente bonarietà: evidente soprattutto nella
pungenza con cui è tratteggiata nel primo atto la corporazione dei Maestri e al
suo interno la figura di Beckmesser. Ottuso censore, certo, ma mai figura
ridicola: anzi, umanamente non meno rilevante del maturo, saggio Sachs e dello
scalpitante, impulsivo Stolzing. La simpatia di Sawallisch li accomuna al
centro di un grande affresco corale, teso a una definizione ambientale non meno
che poetica: per esempio lo snodo sinfonico che conduce all’ultimo quadro
all’aperto è la volta che svela l’impalcatura dell’azione, riannodando i
destini dei personaggi in una scena d’insieme sospesa sul tempo e sullo spazio.
Ed è qui, quando tutto sembrava già detto benissimo, che l’opera assurge a
dimensioni metafisiche, di universale grandezza: cui Sawallisch, di slancio,
conferisce il respiro della incommensurabile eppur tangibile bellezza
spirituale nella frenesia della festa.
Se tutto ruota
intorno a Sawallisch, la compagnia di canto ha in serbo frecce acuminate nelle
pagine di più ampia espansione vocale. Bernd Weikl (Sachs), Ben Heppner
(Stolzing), Siegfried Lorenz (Beckmesser) e Deon van der Walt (David) si calano
perfettamente nei loro personaggi ma danno ognuno anche qualcosa di unico, di
personale; la teoria dei Maestri, guidata dall’impareggiabile Kurt Moll
(Pogner), ha il peso di squadre d’altri tempi; la stessa Cheryl Studer, tenuta
per mano dall’esperienza del direttore, ritrova come per incanto la forza
incisiva della sua voce adamantina, senza bamboleggiamenti: una Eva di formato
mondiale. Tutti sembrano partecipi della convinzione che questi Maestri cantori di Norimberga ratifichino un momento
stellare nella storia dell’interpretazione discografica. Il bello è non solo
che ciò sia avvenuto davvero, sfidando anche il ricordo, ma che sia avvenuto
con questa freschezza e naturalezza, per la gioia di chi ama la verità della
musica, senza effimeri protagonismi.
Wagner, Die Meistersinger von Nürnberg; Weikl, Heppner, Studer, Moll, van der Walt, Kallisch, Lorenz, Pape; Chor der Bayerischen Staatsoper, Bayerisches Staatsorchester, dir Sawallisch. Emi Classics 5-55142-2 (4 cd)