31 Luglio 1993
Wolfgang Sawallisch, l’equilibrio dei 70 anni
Li festeggerà
come tutti gli anni a Grassau, sulle montagne prospicienti il Chiemsee, dove la
splendida villa per le vacanze è diventata ormai la sua dimora stabile, il suo
piccolo Walhalla: specialmente ora che dopo ventidue anni di regno Monaco non è
più il centro della sua attività. E pochi giorni più tardi partirà per
Philadelphia, per inaugurare la sua prima stagione di direttore musicale con la
sua nuova orchestra, per riprendere da capo, con dolcezza e serenità, la
perlustrazione mai interrotta del grande repertorio sinfonico classico e romantico,
quello che più di ogni altro non ha scadenze o precedenze nel calendario dello
spirito, nell’agenda professionale di un vero, grande direttore d’orchestra.
Wolfgang
Sawallisch, è di lui che stiamo parlando, compie settant’anni il 26 agosto. Nella
vita di un direttore d’orchestra quest’età può segnare un traguardo, ma può
essere anche, come la storia insegna, l’inizio di una fase molto produttiva di
raccoglimento, sostanziata di sapere e di esperienza. Il tardo stile di un
direttore presenta molte analogie con quello di un creatore, fino a configurare
una svolta, talvolta un cambiamento. Nel caso di Sawallisch questo è avvenuto
con la decisione di ritirarsi dal teatro, nel quale ha lavorato per quasi
quarant’anni con incarichi non solo artistici, fedele a un’idea di
responsabilità ereditata dai suoi predecessori e proseguita con coerenza. Non
c’è opera del grande repertorio tedesco che egli non abbia diretto, fino ai
cicli completi di Wagner e Strauss eseguiti a Monaco, nei quali la forza della
tradizione già cominciava a scontrarsi con un gusto registico attualizzante e
sperimentale. Fu un suo merito, in quel frangente, accettare la sfida del
rinnovamento, ma saperne anche indicare con precisione il limite, senza
abbandonare con gesti plateali il suo posto: non prima almeno che si fosse
concluso il suo impegno.
L’equilibrio è una dote rara, ed è quella che ha sempre contraddistinto
Sawallisch, sia come persona sia come interprete. Ciò che ha sempre reso
attendibili come poche le sue esecuzioni è la capacità di far capire, della
musica, l’essenziale, l’arco dei valori contenuti in una pagina, in una
partitura, nei dettagli e ancor più nella visione generale. Con lui siamo
condotti per mano alla comprensione di ciò che stiamo ascoltando, semplicemente
e profondamente; al punto che possiamo anche dimenticarci tranquillamente della
guida, sicuri come siamo che la fiducia è ben riposta. Questo patto implicito
tra pubblico e interprete è stato fin dall’inizio il segreto del successo di
Sawallisch, la ragione della stima e dell’ammirazione che lo circonda; e va
aggiunto che in Italia questo riconoscimento gli è venuto, unanime e
affettuoso, fin dalle sue prime apparizioni, e si mantiene intatto ancora oggi.
La soglia dei
settant’anni significa per Sawallisch l’apertura di un nuovo ciclo, non solo il
ritorno su autori e musiche che ha sempre frequentato ma anche la testimonianza
definitiva della sua arte di interprete. Quando una volta gli facemmo osservare
che in fondo aveva inciso pochi dischi, rispose che ogni cosa ha il suo tempo,
che il ritmo naturale delle conquiste non va forzato, nella vita come nella
musica. Equilibrio e discernimento, le sue qualità, anche contro la corsa al
successo esteriore, volgare. Quel tempo è venuto, e oggi Sawallisch può mettere
a frutto la sua maturità anche in una serie di presenze discografiche
emozionanti. Ma ciò non cambierà il suo modo di intendere e praticare la
musica, inconcepibile senza il contatto vivo con gli esseri umani e la loro
storia. Per questo a Grassau, il 26 agosto, si farà musica tra amici, suonando
e cantando, come se quello, per una sera speciale, fosse l’unico, più bel
palcoscenico del mondo.