1 Ottobre 1992
Il magico Anello di Sawallisch
Wolfgang
Sawallisch è oggi l’unico musicista al mondo che abbia diretto in teatro tutte
e tredici le opere di Wagner. Successe a Monaco, nel 1983, in una sola
stagione, quella del centenario della morte di Wagner. Ma sia prima che dopo
Sawallisch ha coltivato il repertorio wagneriano con speciale assiduità, a
Bayreuth come alla Scala, senza contare la davvero memoranda Tetralogia fatta alla Rai di Roma nel ’68. È quanto meno
sorprendente che l’industria discografica per molto tempo abbia ignorato questa
sua attività, preferendo gli altri direttori che non avevano né la sua
esperienza né la sua grandezza: giacché il Wagner di Sawallisch è esemplare di
una visione interpretativa che unisce la conoscenza profonda della tradizione
alla forza individuale e all’equilibrio invidiabile di una grande personalità
musicale.
Nel 1987, sempre a
Monaco, Sawallisch affrontò di nuovo l’Anello del Nibelungo
in una produzione molto discussa, non tanto per la parte musicale (nella quale
figuravano alcune delle ultime grandi voci wagneriane, Behrens in testa) quanto
per la realizzazione scenica, affidata a Nikolaus Lehnhoff per la regia e a
Erich Wonder per le scene. La Emi ha ripreso dal vivo l’intera produzione per
destinarla al mercato del video, in doppia veste vhs e laser: quanto mai
opportuna sarebbe ora anche una pubblicazione in cd, proprio per valorizzare la
somma, riassuntiva interpretazione di Sawallisch e non collegarla solo al
ricordo di questa messinscena. La quale risulta comunque assai migliore nella
visione sullo schermo che in teatro, dove soffriva di una eccessiva attenzione
per i dettagli a scapito della tensione drammatica generale. Qui, anche per
merito di una regia tv molto intelligente e curata, i difetti diventano pregi,
quasi si realizzassero proprio attraverso il mezzo ravvicinato delle riprese. Soprattutto
la recitazione acquista un senso compiuto che negli spazi ampi del palcoscenico
s’intuiva soltanto; e le stesse scene di Wonder, calligrafiche e poco teatrali,
diventano funzionali alle intenzioni del regista.
Se
l’interpretazione di Sawallisch si mantiene sempre su livelli altissimi,
indicheremmo nel prologo e nella terza giornata i momenti più convincenti del
lavoro di Lehnhoff. Il quale parte dall’idea di rappresentare la Tetralogia come una progressiva trasformazione di tempi e
spazi mitici in situazioni e atteggiamenti dell’attualità, dove dei ed eroi si
corrompono per incapacità di vivere fino in fondo le utopie, in ciò trovando
però la loro dimensione umana, oggettivamente degradata. A differenza di
Chéreau e Ronconi, Lehnhoff non sottolinea l’aspetto politico e sociale ma
quello puramente esistenziale, con un pessimismo tanto sincero quanto ingenuo. La
caduta è ineluttabile non per volere del destino, ma per la sciagurata
inadeguatezza dell’umanità a sostenere il peso degli ideali: e qui sta il senso
ecologico della parabola. Ne risulta che Sigfrido sia un incosciente, e
Brunilde non redima un bel niente. Inutile dire che Sawallisch la pensa diversamente,
e ce lo fa pure capire.
Segnaliamo, sempre
dalla Emi, la pubblicazione di un Olandese volante
ripreso ancora a Monaco, ultima testimonianza dell’era Sawallisch. Qui siamo
all’estremo opposto: regia convenzionale e oleografica, movimenti goffi e
melodrammatici, nessun approfondimento psicologico o drammaturgico. Ci si
annoia vedendolo a teatro, ci si annoia ancor più a casa propria. Ma
musicalmente è l’Olandese più infuocato, più
appassionato e nostalgico che si possa ascoltare.
Wagner, Der Ring des Nibelungen; Behrens,
Kollo, Varady, Hale, Moll, Lipovsek, Wlaschiha, Bayerische Staatsoper, dir
Sawallisch, r Lehnhoff, rtv Schmidt, Emi 1276-87 (11 laser disc); Der
fliegende Holländer; Hale, Varady, Seiffert, Ryhänen, Bayerische
Staatsoper, dir Sawallisch, r Gierke, rtv Schmidt, Emi 91311-1 (2 ld).