1 Ottobre 1991
Il testamento di Tchakarov
La recente,
prematura scomparsa a soli 43 anni di Emil Tchakarov dà un tono inevitabilmente
mesto a questa segnalazione delle sue ultime produzioni discografiche, che
dovevano nelle intenzioni essere solo l’inizio di una lunga serie dedicata
all’opera russa in collaborazione coi complessi di Sofia.
Dopo un esordio
assai promettente (era stato fra l’altro il più giovane vincitore del Premio
Karajan per direttori d’orchestra, e col Maestro aveva lavorato a stretto
contatto di gomiti), Tchakarov si era un po’ perso per strada, forse
penalizzato anche da scelte di repertorio a lui non adatte (il ricordo di un Tannhäuser al Maggio Musicale Fiorentino non brilla di particolari
emozioni).
Ma proprio con
l’inizio di queste registrazioni del massimo repertorio teatrale russo per la
Sony, Tchakarov si era riproposto all’attenzione se non come interprete
specialmente originale almeno come direttore sensibile e stilisticamente
attendibile: facendosi fra l’altro promotore di una resa molto accurata anche
filologicamente delle partiture che affrontava (in particolar modo riguardo a
Musorgskij). Era passato solo poi, forte di questa esperienza senz’altro
centrale nella storia dell’opera russa, a Čajkovskij, incidendo Evgenij Onegin e Pikovaja dama.
Ed è appunto di
queste che ci occupiamo, costretti a considerarle come una sorta di
testimonianza estrema della sua arte di interprete. La quale qui si segnala
anzitutto per una forte capacità di raccontare l’opera, di dipanarne la trama
come se si trattasse di un ritorno alle fonti originali del romanzo in versi e
della novella di Puskin, di cui la musica fosse il più continuo completamento.
Emil Tchakarov non sembra
mediare l’una con l’altra, ma al contrario sovrapporre tessuto letterario e
musicale in un ininterrotto e congruente scambio di motivi.
Ciò lo porta a ottenere risultati più convincenti nelle tensioni esasperate della Dama di picche, seguite nel loro crescendo con pertinente intensità drammatica, piuttosto che nelle delicate intermittenze liriche e nel giuoco dei contrasti, dei paradossi (anche stilistici) dell’Evgenij Onegin; dove fra l’altro non è assecondato sempre dalla voce stanca e ferma di Anna Tomowa-Sintow, una Tatjana alquanto monocorde.
Tchakarov tende
d’altronde a forzare un po’ la presenza dell’orchestra senza curarsi troppo
dell’equilibrio con le voci, e sottovalutando talvolta anche la bellezza del
suono in favore di una maggiore aggressività espressiva.
Ma non si può escludere che ciò sia dovuto a una tecnica di registrazione imperfetta (la Sony sembra essere stata creata per fare le cose in grande anche in campo discografico: in questo caso le promesse sono state in larga misura disattese, anche nella scriteriata confezione dei testi e delle note illustrative).
L’Orchestra del Festival di Sofia suona (e il Coro del Teatro Nazionale canta) come se parlassero una lingua madre, e questo dà al risultato finale una garanzia insieme di spontaneità e di consapevolezza. Meno bene vanno però le cose dal lato tecnico, con qualche errore stranamente non corretto.
Di alta qualità sono invece le compagnie di canto: più omogenea quella della Dama, più svettante nei singoli, protagonista a parte, quella dell’Onegin.
ˇCajkovskij, Eugenio Onieghin; Tomowa-Sintow, Gedda,
Mazurok, Ghiuselev, Orchestra del Festival di Sofia, Coro dell’Opera Nazionale
di Sofia, dir Tchakarov, Sony S2K 45539 (2 cd); La dama
di picche; Ochman, Evstatieva, Mazurok, Toczyska, Orchestra del Festival
di Sofia, Coro dell’Opera Nazionale di Sofia, dir Tchakarov, Sony S3K 45720 (3
cd).