1 Maggio 1995
Faust, un mito moderno
L’avanzata
della divisione Sony nei territori del disco è uno dei fenomeni più
ragguardevoli di questi ultimi anni. Ampliata dalla riproduzione alla
produzione “classical” per iniziativa dell’imperatore di tutti i mercati
Herbert con Karajan, che pensava di farne l’estrema espressione tecnologica del
suo dominio, la Sony si è trovata quasi subito orbata del suo faro, proprio nel
momento di massima espansione del compact disc e dei suoi annessi, fino
all’home video e al laser disc.
Dopo un inizio
stentato, ha saputo rapidamente adattarsi alle circostanze, promuovendo una
campagna acquisti in grande stile. Direttori, solisti, orchestre d’ogni grado e
d’ogni età sono entrati presto nella sua scuderia, abbandonando, salvo rari
casi, le esclusive anche importanti di cui disponevano e di cui, a dire il
vero, si erano a lungo giovati. Sotto l’etichetta Sony sono sfilati, e sfilano
tuttora, i più bei nomi dell’opera e del concerto, riuniti in concilio
ecumenico: basti citare fra i direttori Abbado e Muti, Mehta e Maazel, Giulini
e Boulez; perfino il più refrattario di tutti, Sergiu Celibidache, si è fatto
convincere a lasciar testimonianza della sua arte per la casa discografica
Sony.
La carta vincente
sembra essere in primo luogo la registrazione dal vivo, che permette in tempi
rapidi produzioni anche complesse, con gran spiegamento di masse. Non che le
altre case discografiche non la pratichino; la Sony però lo fa
sistematicamente, e con ottimi risultati tecnici sotto il profilo della definizione
del suono.
Prendiamo per
esempio l’ultimo frutto dell’ormai consolidata collaborazione con Claudio
Abbado e i Berliner Philharmoniker, le Scene dal “Faust” di
Goethe di Robert Schumann. Le ascoltammo dal vivo alla Philharmonie di
Berlino nel giugno dell’anno scorso, e le ritroviamo intatte, per certi versi
addirittura potenziate dal disco, in questa registrazione di quelle esecuzioni.
Si trattava fra
l’altro della prima volta che Abbado si accostava al mondo composito di
Schumann, autore a lui assai confacente. E sebbene non manchino altre buone
incisioni discografiche di quest’opera, la versione di Abbado svetta su tutte
per ampiezza di respiro drammatico, varietà e profondità di concertazione;
svelando in tutta la sua modernità quello che rimane uno dei momenti stellari
dell’incontro fra classicità e romanticismo in musica. Superbo il cast
impiegato per l’occasione, e perfetto il rapporto fra direttore e orchestra,
qui impegnata su livelli di eccellenza. In poche parole, un vertice
interpretativo assoluto.
Se lo Schumann di
Abbado e dei Berliner è una novità preziosa, la Quinta
Sinfonia di Čajkovskij illumina un percorso interpretativo da lungo
tempo avviato; dopo le incisioni con la London Symphony e con la Chicago
Symphony, questa terza lettura di Abbado affida al disco una visione più
equilibrata e matura, intensa e trasognata, della partitura. Il modo in cui i
Berliner si allontanano dalle estenuazioni decadenti che erano state una loro
caratteristica con Karajan mostra fino a che punto Abbado sia riuscito, in poco
tempo, a trasformare il suono dell’orchestra per renderlo più duttile e
incisivo, forse meno unico ma certamente più responsabilizzato e variegato,
soprattutto negli sbalzi ritmici e nelle accensioni drammatiche.
Completano il disco
i Canti e danze della morte di Musorgskij nella
orchestrazione di Šostakovič, pagine che Abbado trasfigura con una sensibilità
impressionante, ben coadiuvato dal basso Anatoly Kotcherga.
Schumann, Scene dal “Faust” di Goethe ;
Terfel, Mattila, Rootering, Bonney, Blochwitz, dir Abbado, Berliner
Philharmoniker, Tölzer Knabenchor, Schwedischer Rundfunkchor, Eric Ericson
Kammerchor Sony SLK 66308 (2 cd);
Musorgskij, Canti e danze della morte, (orchestrazione di ˇSostakoviˇc); ˇCajkovskij, Sinfonia n. 5 in mi minore op.64, B Kotcherga, Berliner Philharmoniker, dir Abbado. Sony SK 66276 (1 cd).