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1 Febbraio 1993

Attualità discografica

 

Ciaikovsky - Sinfonia n. 1 in sol minore op. 13 "Sogni d'inverno"; Suite dal balletto "Lo schiaccianoci"op. 71a

 

Chicago Symphony Orchestra, direttore Claudio Abbado

(registrazione: Chicago, marzo 1991; pubblicazione: 1992) Sony Classical SK 48056

 

Questo disco porta a termine la nuova integrale delle Sinfonie di Ciaikovsky realizzata da Abbado con la Chicago Symphony, nel frattempo disponibile anche in cofanetto. Dire che se ne sentisse la necessità sarebbe eccessivo; negarne la qualità sarebbe oltremodo falso. Se Ciaikovsky ha significato molto nella attività di Abbado, il progetto di questa integrale si è intrecciato con una svolta sensibile nella sua carriera, tra Vienna e Berlino, un po' affievolendo il rapporto, che a un certo punto sembrava destinato a consolidarsi, con la grande orchestra americana, ora passata nelle mani di Barenboim. Abbado è naturalmente in grado di ottenere ottimi risultati con qualunque orchestra, figurarci con questa; ma per lasciare testimonianze di ulteriori approfondimenti ha bisogno di un clima concentrato, di rapporti più continui, forse di motivazioni più piene. E queste sembrano mancare nel nostro caso. Non tanto, per esempio, nella Sinfonia in sol minore, peraltro di problematica definizione sia formale che espressiva, sospesa com'è tra descrittivismo e vibrazioni del cuore, quanto nella Suite dal balletto Lo schiaccianoci, resa con una brillantezza fin troppo spettacolare, come in una vetrina da esposizione. Tutto funziona alla perfezione, in modo lussuoso, ma lo spirito della fiaba rimane un po' in distanza, come se appunto fosse guardata attraverso un vetro, nei suoi riflessi luccicanti. Sogno e malinconia, stentiamo a ritrovarli nella loro verità infantile; il carattere delle danze non è accentuato nelle differenziazioni timbriche, ma esibito nella scintillante varietà dei tratti e dei disegni più che dei colori. Solo nel Valzer dei fiori Abbado s'impone in modo diretto: ne esce un indimenticabile impasto di eleganza viennese e di orgoglio russo, dove l'orchestra diviene uno strumento flessibile e umano, che si esprime attraverso la cura del suono.

Crediamo di immaginare come tutto si sia svolto. Abbado è arrivato a Chicago, ha provato il giusto, ha inciso ed è ripartito. Che tutto questo sia avvenuto, come sembra di capire, dal vivo, in concerto, non significa che ne sia uscita una cosa così completamente viva come Abbado ci ha abituato ad aspettarci da lui. Proprio insegnando, come pochi altri, che la musica non è mai questione di fuggevole abitudine.



Musica Viva, n.2 – anno XVII