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1 Aprile 1992

Attualità discografica

 

Beethoven - Le nove Sinfonie

Charlotte Margiono, soprano; Birgit Remmert, contralto; Rudolf Schaschning, tenore; Robert Holl, basso; Arnold Schönberg Chor, The Chamber Orchestra of Europe, direttore Nikolaus Harnoncourt (registrazioni dal vivo: Graz, Stefaniensaal, giugno 1990 e giugno-luglio 1991; pubblicazione: 1991) Teldec 2292 - 46452 2 (5 Cd)

 

Ascoltare dal vivo l'anno scorso a Ferrara il direttore Nikolaus Harnoncourt e la Chamber Orchestra of Europe costituì per molti aspetti una sorpresa. Era un modo di fare musica insieme che riuniva preziosi suggerimenti di tecnica esecutiva, di stile e di espressione. Le stesse idee di Harnoncourt in fatto di filologia si realizzavano in modo convincente proprio nella prontezza e nel-l'intelligenza con cui un'orchestra straordinariamente ricettiva e sensibile le sapeva mettere al servizio di una continua ricerca non solo del suono e del fraseggio, ma anche dei significati formali e in senso Iato musicali: autentici non in quanto ricostruiti a freddo su strumenti d'epoca ma calati nella realtà di una precisa consapevolezza storica e di una forte tensione espressiva. In quel caso si trattava di Mozart e di Mendelssohn, ma l'ascolto delle nove Sinfonie di Beethoven registrate dal vivo a Graz conferma e anzi accentua queste impressioni. Questo ciclo completo è un punto di riferimento essenziale non solo nella discografia beethoveniana ma anche nella storia stessa dell'interpretazione, per almeno due motivi: il primo è dato dal ripristino di un organico limitato ma capace di unire la potenza di suono della grande orchestra con le sfumature più sottili dell'orchestra da camera; il secondo si riconduce invece alla scelta di Harnoncourt in fatto di tempi, di agogica e dinamica, scelte che sono l'evidente frutto di uno studio approfondito non solo delle partiture, ma anche delle condizioni esecutive tenute presenti e insieme superate da Beethoven. Con una formula si potrebbe dire che qui abbiamo i due volti di Beethoven, quello che scrive musica nella sua epoca e quello che sorpassa la sua epoca ergendosi a modello assoluto di creatore. E l'uno e l'altro sono offerti alla nostra attenzione e riflessione.

Per Harnoncourt questo processo non avviene per condizionamenti esterni ma è tutto interno al pensiero compositivo di Beethoven. Ogni Sinfonia sembra affrontare da capo la questione della consistenza del linguaggio sinfonico. Il problema della forma, per esempio, si rivela un falso problema, e ancor più l'ipotesi di una evoluzione attraverso il ciclo da schemi classici a progressive forzature della forma. In altri termini, non c'è linearità e tanto meno periodizzazione nel passaggio da una Sinfonia o gruppo di Sinfonie alle successive, ma semmai compresenza a diversi stadi di nodi complessi che vengono sciolti e riannodati. La chiave di lettura di Harnoncourt è quella di non sovrapporre un'intenzionalità astratta, di qualsiasi genere, alla materia nuda e cruda, ma di lasciarla per così dire manifestarsi nelle sue relazioni e trasformazioni. Ciò è evidente soprattutto in Sinfonie come la Terza, la Sesta e la Settima, dalle quali ogni riferimento di carattere extramusicale sembra davvero programmaticamente escluso.

La mancanza di sottolineature è un tratto a cui difficilmente l'interprete si adatta, soprattutto in Beethoven. La visione di Harnoncourt è oggettiva nel senso che chiede soltanto alla musica di reagire. Messo in moto il meccanismo, tutto viene da sé: si produce una serie di reazioni a catena, e la coerenza non è un valore che deve essere richiesto all'interprete, ma alla musica stessa. L'idea dell'interprete come custode o guardiano della musica gli è totalmente estranea. Si tratta invece di capire alla radice gli elementi attraverso cui l'idea musicale si realizza - e questi sono i tempi, i piani sonori, gli accenti, i rapporti tra le figure, la logica degli sviluppi. Nella Chamber Orchestra of Europe Harnoncourt ha trovato uno strumento ideale non solo per adempiere a questo compito con la massima naturalezza e capacità di comunicazione ma anche per fissare alcuni principi generali in fatto di interpretazione. Nei quali il direttore torna al suo ruolo di competente esecutore, senza aureole o eredità testamentarie. Queste sono le nove Sinfonie di Beethoven e basta.



Musica Viva, n.4 – anno XVI